Paolo Palazzi Blog

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Dopo il virus (1)

31/03/2020

Pensare a che cosa ci aspetta quando ci sarà di nuovo permesso di uscire di casa liberamente è allo stesso tempo uno stimolo a sopportare queste limitazioni, ma anche per molti un senso di angoscia.

Sono convinto che oggi come non mai il tipo di atteggiamento e di visione su ciò che si prevede e spera del futuro sia pesantemente condizionato dalla personale collocazione sociale, materiale e psicologica, talmente forte da poter sovrastare sia le proprie conoscenze e professionalità, sia le proprie convinzioni ideologiche. Insomma “la classe (sociale) non è acqua” e la psicologia non è tutta fuffa!


Questa mia convinzione mi aiuta a interpretare e giudicare quello che viene scritto in giro, ma soprattutto a mettere un filtro alle cose che mi turbinano in mente. Si “turbinare” è il termine esatto, le già poche certezze che avevo crollano miseramente di fronte all’ignoto che abbiamo di fronte. Si sa che da sempre prevedere il futuro, esaminare le alternative e minimizzare le incertezze dipende pesantemente e in modo determinante dalle ipotesi che si fanno in partenza, ma ciò che a me pare diverso è che attualmente è anche difficile fare delle ipotesi. Il numero di variabili in gioco, da quelle biologiche a quelle economiche, da quelle sociali a quelle politiche nazionali e internazionali sono talmente tante che l’opera di semplificazione, a cui si ricorre facendo delle ipotesi, diventa quasi impossibile. In questo caos il filtro della propria condizione sociale, economica e psicologica tende a diventare pericolosamente prevalente, cosa che naturalmente rende quello che si pensa e si scrive assolutamente irrilevante per altri da sé stessi.

Ad essere coerente dovrei smettere qui, invece continuerò per due motivi: 

1) mi serve per pensare in modo meno caotico, disordinato e fegatoso a quello che sta succedendo e succederà;

2) la mia personale “condizione di classe” è profondamente segnata dal ruolo sociale e professionale di tutta la mia vita, quello di docente, cioè dalla illusione illuminista che parlare alle persone delle proprie idee, oltre a rappresentare una verifica delle idee stesse, possa aiutare il “discente” ad aumentare gli strumenti per farsene delle proprie.


Le idee che propongo saranno scansionate dal punto di vista temporale in tre fasi, brevissimo periodo, breve periodo, lungo periodo. Suddivisione puramente espositiva nella convinzione assoluta che il periodo è uno solo e che la successione temporale è una catena indissolubile fra un prima e dopo strettamente collegati.


Brevissimo periodo

Il brevissimo periodo è quello caratterizzato dall’emergenza biologica e sanitaria provocate dall’epidemia. Cioè quello che va fatto oggi! 

La risposta è semplice: fare di tutto per bloccare la pandemia! Sembra un obiettivo logico ma non è così, è stato subito evidente che, mentre è storicamente e biologicamente certo che la dinamica temporale di un’epidemia in rapporto all’intensità della stessa ha un andamento a campana (una curva normale gaussiana), la sua struttura varia moltissimo e dipende, a parità della situazione strutturale di un paese, dalle misure di contenimento scelte.

Semplificando al massimo bisogna valutare la dinamica fra due variabili fortemente correlate: la salute fisica della popolazione e il costo economico diretto.
Ci sono due possibili risposte:
a) Il confronto fra salute della popolazione e costo da sostenere non è possibile attraverso un’analisi costi benefici. Mentre il costo è quantificabile, i benefici no. Il valore della salute e la vita degli esseri umani non è quantificabile, il confronto quantitativo non può essere fatto, il problema è quello della scelta etica. Questo ha portato nei vari paesi indicazioni di intervento, almeno inizialmente, diverse a seconda che si facesse prevalere un calcolo economico rispetto alla visione etica.

b) Anche se non è possibile quantificare il costo della salute e della vita, sembra ormai dominante l’idea che dal punto di vista quantitativo le vittime di questa pandemia, senza una qualche forma di intervento economicamente costoso, porterebbero a dei problemi e costi economici superiori al costo dell’intervento. Con questa scappatoia si sono così raggiunti due obiettivi, poter giustificare qualsiasi tipo e grado di intervento e rimettere al primo posto il calcolo economico liberandosi dai non misurabili temi etici.


Comunque, quali che siano le scelte il tema comune è come si fanno a trovare le risorse economiche per far funzionare al meglio le strutture sanitarie e di ricerca e non far morire economicamente famiglie e imprese.

In realtà nel brevissimo periodo il problema non è del reperimento delle risorse, ma della capacità di utilizzarle in modo veloce, efficiente ed equo. Le possibilità di reperire velocemente una quantità anche elevata di risorse immediatamente spendibili sono varie, sia di natura semplicemente contabile e sia di ricorso al credito, quindi da questo punto di vista nessun problema.

I problemi sono altri e dipendono essenzialmente dal passato, cioè dalla struttura del capitale umano e fisico del paese e dalla struttura burocratica. Per quanto riguarda i capitali umano e materiale non si può fare molto al di là di “toppe” improvvisate, utili ma poco efficaci, l’unico modo è fare sforzi enormi per portare la “curva della crisi” a innalzarsi il meno possibile, in modo tale da superare di poco e per poco tempo la capacità massima produttiva di sanità e di capitale sanitario del paese difficilmente aumentabile nel brevissimo periodo.

Il problema burocratico è quello a mio avviso il più drammatico e condiziona pesantemente la efficacia ed equità dell’intervento. Per definizione l’intervento di brevissimo periodo deve essere immediato, il reperimento dei fondi necessari e la capacità di individuare come e a chi erogarli, per essere efficace, devono essere immediati. 

Tutte le strutture burocratiche sono per loro natura strutturate per il controllo e l’accertamento delle responsabilità e questo, anche per le strutture più efficienti, richiede tempo. Se poi tali strutture sono poco efficienti o addirittura inefficienti e corrotte la lungaggine e lo scarico di responsabilità e delle decisioni sono un aspetto determinante del loro funzionamento. È scoprire l’acqua calda che la situazione italiana della burocrazia è disastrosa, tanto che è noioso solo accennarla, ma anche se fosse più efficiente ci sarebbero comunque problemi.

Faccio un solo esempio attuale il problema della produzione di mascherine protettive. Le mascherine devono avere un certificato di efficacia per poter essere vendute, chi le produce deve avere, prima di produrle, la garanzia che la propria produzione riceva anticipatamente tale certificato. Per ricevere tale certificato dall’ente preposto, in questo caso l’Istituto Superiore di Sanità, bisogna che vengano fatte dall’ISS sperimentazioni sui prototipi e bisogna seguire il processo produttivo con un’attività di controllo campionaria di idoneità. Per fare ciò ci vuole molto più tempo rispetto all’urgenza. Le scappatoie sono due: l’autocertificazione del produttore che verrà poi verificata in seguito (tutti i rischi sono del produttore); l’idoneità data da un responsabile dell’ISS senza seguire le normali procedure (tutti i rischi sono dell’apparato burocratico). È evidente che questo porta a una situazione di stallo, l’unica possibilità praticabile sembra la sospensione del regolamento (o delle leggi). È una situazione che si riscontra in tutti i passaggi dell’intervento di emergenza (il contrasto fra rapidità e “legalità”) e diventa ancor più grave quando riguarda l’intervento di sussidio a famiglie e imprese.

La politica di isolamento sociale, che si è dimostrata come la più efficace per combattere l’epidemia, è molto costosa per famiglie e imprese. Il processo di creazione di reddito in una economia moderna è caratterizzato dalla socialità estrema nel processo produttivo. Al di là dello slogan sullo smart work, la visione del lavoro solitario e isolato, senza mobilità e socialità, appartiene a una fetta molto piccola e selezionata del processo produttivo e che riguarda più la delocalizzazione di parte di questo processo (e quindi dei costi) al consumatore, che al lavoratore del processo stesso (ad esempio pensate a quanta parte del processo produttivo è a carico nostro quando usiamo la banca o l’acquisto on line).

Detto questo, il blocco di parte importante del processo produttivo, sia direttamente che indirettamente attraverso il blocco della mobilità e socialità, è però indispensabile per combattere l’infezione. Questo comporta perdita totale o parziale di reddito a imprese, famiglie ed enti pubblici, con evidente esigenza di brevissimo periodo di sussidi esterni.

Quali che siano gli strumenti che si vogliano adottare, il problema della burocrazia sorge immediatamente, sin dai primi passi.

Dal punto di vista legislativo l’individuazione dei settori e delle famiglie che abbiano necessità di un sussidio non potrà che essere generale e approssimativa, così come i criteri che si dovranno seguire per individuarne l’identità, il tipo e l’ammontare del sostegno. Tutto il processo dovrà essere effettuato dalle strutture burocratiche ai vari livelli, da quello centrale ministeriale a quello municipale, riuscire a prevedere l’ammontare di risorse necessarie sarà impossibile a priori, ma solo per approssimazioni successive.

Difficile essere ottimisti in questa situazione, tanto che probabilmente saranno da preferire inevitabili ingiustizie e sprechi rispetto a ritardi gravi. Infatti i ritardi possono avere conseguenze talmente gravi da poter provocare dal punto di vista sociale e economico vere è proprie situazioni di rotture sociali ed economiche impossibili da arginare sia nel brevissimo che nel breve periodo.

Unica consolazione in questa grave situazione è che anche la visione più pessimista prevede una durata non superiore ai due/tre mesi della necessità di una chiusura così drastica come quella attuale. La speranza è che, fra inevitabili errori, sprechi e proteste, le risorse recuperate vengano in qualche modo velocemente utilizzate, anche dando per scontato la possibilità e probabilità che la confusione e le ingiustizie, che ne conseguiranno porteranno a una inevitabile perdita di consenso politico del governo a favore dell’opposizione politica. Il governo e le forze politiche che lo sostengono ne avranno il coraggio? Francamente non lo so! Io lo spero.