1. A parte qualche psico-nazista dei paesi baltici, non credo che negli alti livelli politici e militari europei si creda veramente alla possibilità di un attacco militare della Russia volto a conquistare paesi europei, che appartengono alla NATO.
2. Nell’ambito della nuova geopolitica internazionale, il ruolo dell’Unione Europea, paralizzata dai contrasti e dagli interessi nazionali reali o guidati dalla finanza internazionale (principalmente statunitense), sembra subire un declino economico e politico inarrestabile. I paesi che trainavano la crescita sono quelli più in crisi.
3. Continuando così, l’intera classe politica europea vede a rischio la propria sopravvivenza, minacciata dal declino delle condizioni di vita delle classi medie, tradizionale base elettorale, e cerca di reagire diffondendo la paura, puntando sull’economia di guerra e restringendo progressivamente la democrazia.
4. Come uscirne? Le politiche economiche “tradizionali” richiederebbero enormi investimenti nei settori fondamentali della ricerca, dell’industria, dei servizi e dei redditi. Tuttavia, data la struttura dell’euro, ciò sarebbe possibile solo attraverso un deciso aumento dell’indebitamento. Poiché i singoli paesi non hanno sovranità monetaria, ciò è reso impossibile dalle regole fondanti dell’economia dell’Unione Europea, anche per paura di una probabile massiccia speculazione della finanza contro l’euro.
5. Sembra che l’unica via di scampo individuata sia proprio l’uso della minaccia russa e la spesa in armamenti, svincolata dalle rigide regole europee. In questo modo si tenterà di dare una spinta “keynesiana” all’economia senza scontrarsi con i gruppi finanziari, anzi agevolandoli, evitando così un inevitabile scontro se l’indebitamento fosse destinato a politiche di welfare e servizi, in cui il controllo e il suo allargamento è campo di investimento della finanza in gran parte statunitense.
6. Come garantire il successo di questa strategia? Dal punto di vista della politica internazionale, attraverso la diffusione della paura – anche sfruttando la politica ostile statunitense – e la necessità che gli ucraini continuino a combattere ancora per un po’. Tuttavia, la paura potrebbe non bastare a convincere i cittadini europei a non contrastare tale politica, e quindi deve essere accompagnata da probabili restrizioni progressive ma costanti della democrazia. Purtroppo, questa dinamica è favorita da una parte della sinistra guerrafondaia, incapace di comprendere ciò che sta accadendo o, peggio, complice.
Perché una politica di stampo keynesiano di rilancio dell’economia non può avvenire attraverso un allargamento del welfare?
Un allargamento del welfare può avvenire in diversi modi: diretto attraverso elargizione di reddito e/o agevolazioni fiscali, indiretto, attraverso un allargamento dei servizi.
1. Elargizione di reddito. L’elargizione diretta di reddito è in genere selettiva, cioè rivolta a speciali categorie di persone, in genere attraverso l’aiuto a percettori di reddito considerato povero o a situazioni di disabilità in grado di impedire un’autonomia totale o parziale di autosostentamento. Questo meccanismo dipende esclusivamente dal livello di budget a disposizione e, tramite questo, dalla definizione delle caratteristiche degli aventi diritto che in genere tendono a variare molto spesso. Se indirizzato correttamente tale incremento di reddito sarà interamente destinato all’aumento di domanda del consumo familiare di base, con effetto moltiplicatore sull’economia sui settori di produzione di consumo tradizionale.
Altra forma diretta di elargizione di reddito avviene attraverso meccanismi di riduzione delle tasse, anche questi meccanismi implicano scelte di selezione attraverso classi di reddito o tipi di reddito. I margini di utilizzo di tale metodo sono molto differenziati e dipendono esclusivamente da scelte politiche e di politica economica. Infatti, questi interventi dipendono direttamente dalla struttura del sistema fiscale di un paese e quindi d’interventi specifici sui parametri di funzionamento di tali strutture. Gli effetti sul tenore di vita delle persone e gli effetti sull’economia dipendono esclusivamente dal tipo di deduzioni fiscali che si effettuano. La variabilità è estrema, si può passare da provvedimenti che in realtà coincidono e si sovrappongono a quelli diretti di sussidio ai meno abbienti, a interventi volti a ridurre i costi di determinati prodotti, a interventi volti a ridurre la tassazione ai livelli di redditi elevati. Non è possibile quindi fare un’analisi generica, ma solo in relazione a ogni singolo tipo di intervento in questo campo. Ciò significa che da strumento di riequilibrio delle disparità, può facilmente trasformarsi ed essere usato per favorire settori “politicamente utili” di popolazione, perdendo quasi completamente lo scopo originario dichiarato.
2. Allargamento del welfare. Il welfare, inteso come intervento diretto dello Stato per fornire servizi gratuiti ai cittadini, ha sempre avuto, sin dalla sua nascita un doppio significato e seguito una doppia strategia:
a) Correzione delle disuguaglianze. Storicamente dal punto di vista ideologico questo obbiettivo ha origini legate ad aspetti morali e religiosi, ma sempre di più si è trasformato in teoria politica e visione della società come strutturalmente ingiusta e malfunzionante, se crea e mantenga strutturalmente grandi differenze sociali ed economiche. Si è quindi sempre più interpretata la lotta alla disuguaglianza sociale e alle azioni volte ad attenuarla come critica al fondamento di base della società capitalistica liberale, quindi, in quanto tale, pericolosa e da combattere politicamente e ideologicamente. Da qui una forte marcia indietro rispetto alle misure di carattere socialdemocratico che in un passato periodo storico erano considerate dalle classi dirigenti “un male minore”.
b) Per quanto riguarda lo strumento del welfare volto a fornire direttamente servizi alla popolazione gratuiti o a basso costo, la marcia indietro dello Stato liberare è netta ed evidente. La ragione quasi sempre richiamata è quella della sostenibilità economica, specialmente delle due voci più rilevanti: pensioni, sanità e istruzione. Le vere ed evidenti ragioni sono invece ben altre e sono legate al forte processo di appropriazione della produzione di servizi alla popolazione da parte delle imprese private, in special modo della finanza. Nel capitalismo avanzato la domanda di servizi è la parte più stabile e dinamica di tutta la domanda complessiva. Insomma, una fonte di profitto immensa che non piò essere lasciata nelle mani dello Stato. Una ipotesi non solo di capovolgere questa dinamica ma anche di un suo tentativo di blocco o di riduzione è diventata improponibile e impossibile in quanto lederebbe gli interessi chiave, nazionali e internazionali, delle forze economiche che controllano l’economia,
In un quadro come questo è evidente che come unica soluzione che possa essere in grado di gestire una situazione, non di crisi ciclica, ma di crisi strutturale della domanda, venga vista la produzione di armi, possibilmente accompagnata da un suo consumo attraverso situazioni di belligeranza. Questa scelta “forzata” non è però indolore dal punto di vista della struttura istituzionale dei paesi che la perseguono; infatti, implica una decisa modifica del ruolo e del funzionamento dello Stato liberale, in particolare delle sue forme di democrazia e di partecipazione popolare al governo e alle scelte politiche. Questo non solo dal punto di vista sostanziale, che già aveva molti limiti, ma anche dal punto di vista formale delle possibilità della popolazione di interferire nelle scelte dei governi. Quindi il progressivo slittamento verso una gestione autoritaria del potere, compressione la libertà di stampa, di manifestazione del dissenso, di democrazia nel luogo di lavoro, il tutto “condito” dalla dura e indiscutibile necessità dell’economia e della sicurezza nazionale. Tutto questo viene aggravato dal fatto che ciò avviene in un quadro europeo, gestito anche da una classe dirigente europea completamente asservita economicamente e politicamente all’impero statunitense.