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Beni pubblici e degrado

22/10/2021

È una mia personale convinzione quella di considerare come uno dei problemi più rilevanti dell’economia italiana quella della sovra-capitalizzazione di beni pubblici in rapporto alle spese di funzionamento e manutenzione. In sintesi eccesso di stock di beni pubblici rispetto alla capacità/possibilità di farli funzionare (vedi Ricchezze)

È sotto gli occhi di tutti il degrado dell’edilizia pubblica, delle vie di comunicazione (strade, ferrovie), dei beni naturali (parchi, verde pubblico) e dei beni culturali. Questa situazione, invece di essere vista come problema da risolvere, viene invece aggravata puntando sempre più spesso ad aumentare lo stock di investimenti per aumentare i beni pubblici, senza minimamente interessarsi della necessità di prevedere il flusso di spese correnti che servirebbero nel tempo per la manutenzione e il funzionamento (vedi: Beni pubblici).

A questo tema è collegato un altro: quello dell’utilizzo alternativo di beni pubblici dismessi. Le città sono piene di ex-caserme, edifici per servizi disattivati, fabbriche e magazzini dismessi di proprietà pubblica, terreni incolti e inutilizzati, ecc. È parte del problema della sovra-capitalizzazione ma, rispetto ad altre situazioni, risulta più evidente agli occhi dell’opinione pubblica lo spreco e la necessità di un intervento.

È quindi un tema ricorrente nel dibattito della vita delle città quello di un uso utile e appropriato di questo capitale inutilizzato.

La questione è molto semplice: cosa fare per rimediare a questo spreco? (un bene che si deteriora e non è utilizzato è una perdita di ricchezza pubblica)

Le alternative sono tre: 1) Utilizzo per servizi per i cittadini; 2) Vendita ai privati; 3) Utilizzo misto pubblico/privato.

Queste tre alternative hanno dietro problemi e interessi contrapposti talmente gravi e conflittuali che spesso (quasi sempre) hanno come effetto l’assoluta ignavia e incapacità di risoluzione.

La prima soluzione, quella di un utilizzo per i cittadini, ha l’ovvio problema delle risorse necessarie, che non sono solo quelle del costo dell’investimento iniziale per la riconversione, ma anche quello da prevedere per la manutenzione e il funzionamento. In alcuni casi questa scelta è stata praticata, ma il risultato complessivo, anche laddove l’investimento iniziale è stato adeguato e ben utilizzato, è quello usuale di grosse difficoltà, se non impossibilità, di aver provveduto alle spese di mantenimento e funzionamento adeguate e che non provocassero, più o meno velocemente, ancora una volta a un ritorno del degrado dell’investimento stesso (la storia delle piste ciclabili e di bei giardinetti è davanti agli occhi di ogni cittadino).

La soluzione della vendita ai privati è ovviamente la più semplice, ma ha l’ovvio problema che il privato fa un investimento solo se può trarne profitto. La cosa può diventare un problema se il raggiungimento di tale profitto si scontra con la natura originaria del bene e con la qualità della vita dei cittadini del quartiere. Di qui le numerosissime storie di comitati contro o in difesa dei beni pubblici che molto hanno l’effetto di portare allo stop e il mantenimento della situazione di degrado o come alternativa spesso a speculazioni a danno della qualità della vita dei cittadini (anche in questo caso abbiamo vari esempi: dai centri commerciali, agli uffici privati, ai parcheggi sotterranei e non.

La terza alternativa sembra la più ovvia e più capace di soddisfare le due esigenze di servizio per i cittadini e reperimento di risorse. Una azione combinata pubblico-privato, nella quale il privato può anche essere una attività non profit, potrebbe rappresentare la soluzione ottimale ma, come succede di solito, le soluzioni migliori sono anche quelle che non solo sono le più difficili da gestire tecnicamente ma anche comportano i maggiori conflitti di interessi e scontri politici (a Roma la decennale questione del nuovo stadio è un esempio emblematico).

A mio parere la terza è l’unica strada percorribile, ma è anche quella che più richiede capacità manageriali, politiche e di onestà da parte dell’amministrazione pubblica. Tre aspetti che molto difficilmente si trovano all’interno di una stessa amministrazione pubblica ma, data la necessità della loro compresenza per una riuscita delle operazioni, ancora una volta tendono a non riuscire far a nulla e a mantenere il degrado.

Insomma, in poche parole credo che queste qui illustrate siano le ragioni del permanere delle numerose aree di degrado nelle città italiane.
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