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La Manovra di Draghi e del suo governo.


Già dalla lettura dei titoli delle 20 misure della manovra elencate dal Sole24Ore (vedi allegato in fondo) si può avere una idea abbastanza chiara della logica che ha guidato gli interventi proposti.

Liberiamoci subito degli “scampoli”, cioè di quei piccoli e insignificanti contentini dati ai partiti per dar loro la possibilità di approvare la manovra facendo finta di aver ottenuto qualcosa.
Mi riferisco al Reddito di Cittadinanza per il M5S e a “quota 100” per Lega.
1) Il RdC. Al di là delle parole di Draghi, è evidente che il RdC è una misura che non piace alla Confindustria e a molti nel Governo e che, non potendo abolirla, va depotenziata abbinandola all’impossibile ruolo di “trovare occupazione ai poveri”, obbligandoli ad accettare qualsiasi offerta di lavoro. È evidente già da tempo che il RdC è in larghissima parte devoluto a quella parte di popolazione che, per vari motivi, è “inoccupabile”, cioè non è oggettivamente in grado di entrare nel mercato del lavoro regolare e legale e che vive in estrema povertà ai margini della società. È quindi un banale, ma utile e civile, strumento di alleviamento di situazioni di povertà e degrado strutturali e non eliminabili presenti in qualsiasi società. È una carità di Stato? Sì, si può definire in questo modo, ma nella logica padronale è uno spreco che si potrà mantenere, in modo decrescente, con molti limiti e tendenzialmente da eliminare, solo se serve a Draghi a “comperare” l’appoggio di una parte di coloro che appoggiano il loro governo.

2) “Quota 100”. Qui il discorso è più complesso, nel breve periodo ci sono situazioni di aspettative di frange di lavoratori che verrebbero stravolte nei loro piani di vita pensionistica a un immediato passaggio alla legge Fornero. Di qui il tentativo di graduare, ma in modo di fatto minimo, lo scompenso causato dal ritorno alla Fornero e allora si vada alla “quota 102”. Nel lungo periodo le cose sono invece più semplici: il passaggio completo al contributivo di fatto spezzerà il mondo del lavoro e quindi la vita in vecchiaia dei lavoratori in due tronconi: un settore di lavoratori garantiti e a retribuzioni medio alte che sempre di più ricorreranno, potendolo fare riducendo di fatto il loro reddito, a una pensione integrativa foraggiando il mondo della finanza e delle assicurazioni, un secondo settore, quello dei lavoratori precari, a basso salario e discontinuità nell’occupazione che, impossibilitati a ricorrere all’integrazione, dovranno lavorare fino a tarda età per integrare l’assegno di pensionamento, che sarà più o meno equivalente a quello minimo sociale. La stratificazione sociale fra garantiti e non garantiti coprirà strutturalmente tutto l’arco della vita delle persone. Sono le persone che oggi sono le più giovani, altro che punire i vecchi per aiutare i giovani, sono i giovani che pagheranno le conseguenze della riforma pensionistica!

3) Il Partito Democratico? Il nulla, assente ingiustificato. Se vogliamo proprio esagerare qualche segno di vita lo ha dato sulla riforma fiscale, che però è rimandata e non si sa a cosa tenderà e chi ne verrà avvantaggiato. La demenziale Flat Tax della destra sembra abbandonata, ma la riduzione dell’aliquota Irpef per la classe di reddito media, di cui si parla, avvantaggerà in valore assoluto i redditi più alti.

4) La manovra contiene 185 articoli, 94 pagine. Nei 185 articoli c’è di tutto, frattaglie di fondi per vari utilizzi, dall’aumento delle indennità di sindaci, assessori e consiglieri comunali, alle scuole dell’infanzia, da fondi per lavoratori ex Alitalia, a rimodulazione dei bonus, ecc. Insomma, cose buone e cose cattive, ma che rientrano nella definizione di “frattaglie” che sarebbe meglio fossero strutturalmente inserite nel normale funzionamento dell’appartato ministeriale di competenza e non inserite in una mastodontica manovra che invece dovrebbe essere più semplice e comprensibile.


Veniamo ora alle cose serie, e alla logica che sta dietro la manovra: l’obiettivo dichiarato è la crescita del PIL e con essa quello dell’occupazione.

Come si raggiungere l’obiettivo? Semplice, aumentando i trasferimenti alle imprese tramite detassazione, incentivi, favori per “liberarsi” di lavoratori più facilmente, ecc. Sui 20 punti individuati dal Sole24Ore se ne contano ben 12 che rientrano in questa logica. Perché e in che modo questa “caterva” di miliardi regalati ai padroni dovrebbero far aumentare la produzione e l’occupazione?

Il meccanismo che si ha in mente è semplice: l’incentivo a un allargamento della produzione e degli investimenti necessari dipende dalla possibilità di finanziarsi e dalle aspettative di profitto. I tassi di interesse sono al minimo e la liquidità è in eccesso; quindi, nessun problema a trovare soldi a buon mercato. La combinazione di questa situazione finanziaria favorevole con un impulso esogeno ai profitti (regalare un sacco di soldi alle imprese) “automaticamente” dovrebbe portare le imprese a investire e allargare la produzione, questo perché, dato che aumentano i profitti oggi, anche l’aspettativa di futuri profitti sarà positiva.
Credo che, anche a chi non mastichi troppo di economia, appaia immediatamente che manca qualcosa: ma a chi vendere tutto questo aumento di produzione? Solo un imprenditore incapace o un economista liberista non si porrebbe questa questione!

Allora esaminiamo questo punto: da dove dovrebbe arrivare questa aspettativa degli imprenditori di aumento delle vendite? La risposta è semplice: da aumenti della domanda interna (consumi privati e consumi e investimenti pubblici) e della domanda estera.

Esaminiamone uno alla volta.
1) Consumi privati. Nella manovra non c’è nulla che possa far pensare ad un aumento del reddito delle famiglie, anzi al contrario ci sarebbero segnali di riduzione dei consumi a causa dell’imminente cambio del sistema pensionistico, che porterebbe a un risparmio per integrare i contributi insufficienti a garantire una pensione dignitosa. Ci sono anche soldi (detassazione), a carico di tutti, per incentivare i Piani individuali di Risparmio (Pir), per la gioia dei più abbienti e del sistema finanziario. Sparito il salario minimo, ridotto il RdC, unica speranza è che gli imprenditori, come probabile, aumentino l’acquisto di beni di lusso utilizzando le regalie governative, ma sarebbe ben piccola cosa.

2) La spesa pubblica in consumi e investimenti. Dalla manovra non emergono sensibili aumenti di spesa in consumi e investimenti da parte dello Stato. Unica speranza è che nei prossimi anni, con l’arrivo di altri fondi dall’Europa, si facciano effettivamente dei piani di investimento che potrebbero dare un incentivo alla domanda interna. Ma ho dei dubbi che, almeno nel breve periodo, questa aspettativa di impulso della domanda innescata da futuri e non ben definiti investimenti pubblici sia in grado di incentivare oggi nuovi investimenti, assunzioni e allargamento della produzione. Sul futuro utilizzo dei soldi del PNRR c’è la più ampia incertezza: ciò che è certo è che la quota predominante dei soldi sono in prestito e che dovranno essere restituiti. Già si parla delle riduzioni di spesa pubblica che saranno necessarie; quindi, l’effetto sulle aspettative delle imprese di aspettarsi un sensibile incremento di domanda è quantomeno incerto.

3) La domanda estera. Nei piani del governo sicuramente è un obiettivo fondamentale, anche se non espressamente dichiarato. Una parte rilevante degli interventi contiene, direttamente o indirettamente, una spinta alla riduzione dei costi di produzione, in particolare del costo del lavoro: direttamente attraverso la diminuzione di contributi previdenziali; indirettamente, ma forse in modo più rilevante, attraverso la certezza del mantenimento della forte deregolamentazione del lavoro e alla certa sconfitta e/o al prevedibile collaborazionismo, politico e sociali, di parte rilevante del sindacalismo. Con in mente l’idea, di sempre e mai tramontata nonostante i passati fallimenti, che sia preferibile un incremento della domanda estera rispetto a quella interna. Gran parte delle aspettative governative e anche padronali è legata alla speranza di incremento della domanda estera grazie alla presunta maggiore competitività dovuta a una dinamica decrescente del costo del lavoro causata da bassi salari. Niente di nuovo ma, a mio avviso, come è sempre successo, sarà una illusione che sarà duramente pagata da una riduzione benessere dei lavoratori e della stragrande maggioranza del paese a favore di minoranze fameliche.

3) Ma gli investimenti privati non sono stati considerati? No, e la ragione è semplice: al contrario di quelli pubblici, gli investimenti privati sono una variabile completamente dipendente che è strettamente condizionata da fattori legati essenzialmente alle aspettative delle imprese. La narrazione che le imprese facciano investimenti e che questi automaticamente provochino la domanda che riesce a renderli utilizzabili è una lettura elementare e sbagliata se, invece di considerarla una identità contabile, viene considerata come se fosse una relazione funzionale. In breve, se si fanno investimenti è vero che l’investimento stesso crea domanda, reddito e risparmio e l’economia cresce. Ma il problema è: quali sono le ragioni per le quali le imprese dovrebbero fare un investimento? La crescita economica e il benessere della popolazione? Molti politici, economisti e giornalisti tentano e tenteranno continuamente di farlo credere, ma hanno la stessa credibilità e serietà di coloro che pensano che insieme ai vaccini venga inoculato qualche misterioso “chip spia”. Solo che, al contrario di questi no-vax, molti di loro sono molto potenti e molto ben pagati per farlo credere.


Conclusione ed estrema sintesi.

Una manovra scritta dalla e per la Confindustria e la Finanza. Basata su teorie economiche che già si sono dimostrate fallimentari per il benessere sociale, ma che rafforzano in modo definitivo i poteri della grande borghesia.

Insomma hanno vinto i padroni, non è una cosa nuova, ma questa volta lo hanno fatto con l'appoggio di tutte le forze politiche e di tutti i mezzi di comunicazione!